Ha cantato la pace, la fatica e la gioia dei contadini siciliani
A cura di Paolo Predieri
“Sapeva parlare con i contadini siciliani, aveva quel meraviglioso, plastico, caldo modo di trovare la forma più semplice e diretta per unirsi alla loro umanità (…) si vedeva nei suoi occhi quel baleno che veniva da un’intelligenza vivissima, accorta, fedele al buon senso, ma pronta a farsi lirica, canto appassionato di gente che soffre e si apre ad una liberazione”. Così Aldo Capitini ricordava Giuseppe Ganduscio nato a Ribera (AG) nel 1925 una vita trascorsa fra la Sicilia e Firenze, dove è morto prematuramente nel settembre1963, stroncato da un male incurabile.
Cultore autodidatta di musica classica, aveva colto la profonda bellezza delle antiche melodie popolari che studiava, approfondiva, cantava per gli amici e per chiunque desiderasse ascoltarle. Chi lo ha conosciuto ricorda la spontaneità del suo modo di parlare e cantare e la grande espressività della sua voce. Per Ganduscio i canti popolari,“ con la mediazione e l’immediatezza propri dell’espressione musicale, ci fanno comprendere intuitivamente le vicissitudini e i più riposti sentimenti, l’intima psicologia della vita del popolo che vi si esprime con accenti di profonda bellezza (…)“uno dei risultati che ci proponiamo di conseguire con la loro diffusione – spiegava in una lettera - è quello di conservare e far conoscere degli autentici valori colturali per contrastare in qualche modo il diffondersi di canzoni pseudo-culturali che con i costumi e la gente di qui non hanno niente a che fare. Sarebbe augurabile poi che la musica colta, sempre più perduta dietro esperimenti spesso intellettualistici e funamboleschi, tornasse ad alimentarsi alla fonte perenne dell’arte popolare… Gli ascoltatori si riconoscono nei loro canti popolari; canti che sono la storia e l’esaltazione lirica della loro vita quotidiana e dei loro più riposti sentimenti”. Alcuni di questi canti li portava in sé dall’infanzia, come “Vaiu e vegnu di lu Mazzarinu”: “ è la melodia di Ribera, della valle dei Platani – diceva - sono sicuro di interpretarla in maniera perfetta perché l’ho sentita migliaia di volte, la cantavano passando i contadini…”; altri li rielaborava, come “Guarda chi vita fa”, un testo ispirato a frasi e discorsi della lotta contadina del dopoguerra in Sicilia, sull’aria di un canto popolare di ringraziamento dei mietitori. forse la canzone più conosciuta del suo repertorio, interpretata e incisa in seguito anche da Rosa Balistreri.
La sua cultura musicale lo ha portato a frequentare l’ambiente della musica colta e personaggi come Luciano Berio, Augusto Vismara e Luigi Pestalozza; non è un caso che musicisti contemporanei si siano ispirati alla sua musica e alla sua storia, come Federico Incardona e che esistano opere dedicate a lui, come “In memoria di Giuseppe Ganduscio” del 1997 di Giovanni Damiani.
TESTI DI E SU GIUSEPPE GANDUSCIO:
AAVV, Nell’anniversario della morte di Giuseppe Ganduscio, testimonianze e documenti (6 pagine), Azione Nonviolenta luglio/settembre 1964
Giuseppe Ganduscio, Perché il sud si ribella, Ed.Libri siciliani 1970
Carla Marazza, Giuseppe Ganduscio, una vita per la pace, ed.Comune di Ribera 1992
DISCHI DI GIUSEPPE GANDUSCIO
“Lu Carzaratu”, EP Ricordi (riedizione 1976: Folk Italiano, Family)
“Quantu basilicò-canzoni siciliane d’amore”, Dischi del Sole
Quantu basilico'
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A cura di Paolo Predieri
“Sapeva parlare con i contadini siciliani, aveva quel meraviglioso, plastico, caldo modo di trovare la forma più semplice e diretta per unirsi alla loro umanità (…) si vedeva nei suoi occhi quel baleno che veniva da un’intelligenza vivissima, accorta, fedele al buon senso, ma pronta a farsi lirica, canto appassionato di gente che soffre e si apre ad una liberazione”. Così Aldo Capitini ricordava Giuseppe Ganduscio nato a Ribera (AG) nel 1925 una vita trascorsa fra la Sicilia e Firenze, dove è morto prematuramente nel settembre1963, stroncato da un male incurabile.
Giuseppe Ganduscio , protagonista e guida nelle occupazioni delle terre da parte dei contadini siciliani nel 1945-46. Ha collaborato per un anno col Centro Studi di Danilo Dolci a Partitico e ha militato attivamente nel Pci, specificando ed approfondendo l’ impegno per la pace, arrivando a collaborare strettamente con Capitini e ad essere fra i fondatori della Consulta italiana per la Pace. Negli sviluppi di questo lavoro si è avvicinato sempre più alla nonviolenza, fino ad aderire nel 1962 al Movimento Nonviolento. La moglie Carla Marazza, recentemente scomparsa, ha partecipato attivamente negli anni sessanta alle azioni dei Gan per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza.
Perché il sud si ribella ed. Libri Siciliani
Cultore autodidatta di musica classica, aveva colto la profonda bellezza delle antiche melodie popolari che studiava, approfondiva, cantava per gli amici e per chiunque desiderasse ascoltarle. Chi lo ha conosciuto ricorda la spontaneità del suo modo di parlare e cantare e la grande espressività della sua voce. Per Ganduscio i canti popolari,“ con la mediazione e l’immediatezza propri dell’espressione musicale, ci fanno comprendere intuitivamente le vicissitudini e i più riposti sentimenti, l’intima psicologia della vita del popolo che vi si esprime con accenti di profonda bellezza (…)“uno dei risultati che ci proponiamo di conseguire con la loro diffusione – spiegava in una lettera - è quello di conservare e far conoscere degli autentici valori colturali per contrastare in qualche modo il diffondersi di canzoni pseudo-culturali che con i costumi e la gente di qui non hanno niente a che fare. Sarebbe augurabile poi che la musica colta, sempre più perduta dietro esperimenti spesso intellettualistici e funamboleschi, tornasse ad alimentarsi alla fonte perenne dell’arte popolare… Gli ascoltatori si riconoscono nei loro canti popolari; canti che sono la storia e l’esaltazione lirica della loro vita quotidiana e dei loro più riposti sentimenti”. Alcuni di questi canti li portava in sé dall’infanzia, come “Vaiu e vegnu di lu Mazzarinu”: “ è la melodia di Ribera, della valle dei Platani – diceva - sono sicuro di interpretarla in maniera perfetta perché l’ho sentita migliaia di volte, la cantavano passando i contadini…”; altri li rielaborava, come “Guarda chi vita fa”, un testo ispirato a frasi e discorsi della lotta contadina del dopoguerra in Sicilia, sull’aria di un canto popolare di ringraziamento dei mietitori. forse la canzone più conosciuta del suo repertorio, interpretata e incisa in seguito anche da Rosa Balistreri.
La sua cultura musicale lo ha portato a frequentare l’ambiente della musica colta e personaggi come Luciano Berio, Augusto Vismara e Luigi Pestalozza; non è un caso che musicisti contemporanei si siano ispirati alla sua musica e alla sua storia, come Federico Incardona e che esistano opere dedicate a lui, come “In memoria di Giuseppe Ganduscio” del 1997 di Giovanni Damiani.
TESTI DI E SU GIUSEPPE GANDUSCIO:
AAVV, Nell’anniversario della morte di Giuseppe Ganduscio, testimonianze e documenti (6 pagine), Azione Nonviolenta luglio/settembre 1964
Giuseppe Ganduscio, Perché il sud si ribella, Ed.Libri siciliani 1970
Carla Marazza, Giuseppe Ganduscio, una vita per la pace, ed.Comune di Ribera 1992
DISCHI DI GIUSEPPE GANDUSCIO
“Lu Carzaratu”, EP Ricordi (riedizione 1976: Folk Italiano, Family)
“Quantu basilicò-canzoni siciliane d’amore”, Dischi del Sole
Quantu basilico'
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